KOSOVSKA MITROVICA – la città divisa
Scrive: Dejan Kusalo – referente per le questioni umanitarie
Per conto dell’Unione dei Serbi in Italia ho visitato il Kosovo e Metochia nel periodo dal 18 al 22 marzo, in ricordo del pogrom del 2004 avvenuto dal 17 al 19 marzo. Ho deciso di raccontare le mie esperienze di quest’ultimo viaggio in Kosovo e Metochia ma anche dei progetti che abbiamo fatto, di quelli che portiamo avanti e di quelli che abbiamo intenzione di mettere in piedi. Non ho voluto farlo in un unico articolo ma in alcuni, divisi tra loro, sempre parte di un unica idea, obiettivo e promessa: Kosovo è terra serba, la nostra Gerusalemme e il nostro Monte Sacro.
Gli articoli sono i seguenti:
– Progetto “Furgone per il Kosovo e Metochia”
– Kosovska Mitrovica, città divisa
– Prizren, città imperiale
– Gorazdevac: la tragedia di un enclave sola ma che combatte grazie alle donne dell’associazione “Briga”
– Sonja Rakocevic: il ricordo e la promessa
– Zocište, il più visitato monastero ortodosso dai musulmani
– Conclusione: situazione delle cucine popolari in Kosovo e Metochia, dei monasteri e chiese, della popolazione e della dura convivenza nella regione.
KOSOVSKA MITROVICA
la città divisa
Mitrovica (in albanese: Mitrovicë; in cirillico serbo Косовска Митровица) è il capoluogo dell’omonimo distretto del Kosovo (e Metochia) settentrionale ed uno dei principali centri del territorio (71.601 abitanti). Viene considerato il “capoluogo” del Kosovo del Nord. La parte nord a maggioranza serba è sede di tutte le istituzioni serbe nel Kosovo che sono riconosciute dal governo di Belgrado ma non riconosciute dal governo secessionista kosovaro. La città ha, inoltre, anche due amministrazioni, una serba nella parte nord e una albanese nella parte sud.
Dopo la guerra del Kosovo, nel 1999, la città fu divisa in due parti: la parte meridionale, abitata quasi totalmente da popolazione di origine albanese (circa 60.000 abitanti), e la parte settentrionale, con prevalenza di popolazione serba (ca. 13.000 abitanti). Le due parti della città sono collegate fra loro da due ponti stradali e una passerella, sul fiume Ibar. La città, come molte altre del Kosovo, è sorvegliata dalle truppe NATO della Kosovo Force (KFOR). In particolare dall’anno 2012 è sorvegliata giornalmente, 24 ore su 24 dai Carabinieri della Multinational Specialized Unit.
Nel mezzo della piana, la più ampia ampiezza. Nel mezzo del mare, il fondo più profondo. Nel mezzo del cielo, l’altezza più alta. Nel Kosovo, il campo di battaglia più alto (Poema epico popolare serbo).
Correva l’anno 1389, precisamente il 28 giugno, quando nella radura di Kosovo Polje, il Campo dei Merli, si affrontarono gli eserciti del Sultano Ottomano Murad I e del principe serbo Lazar Hrebeljanović (che morirono entrambi durante gli scontri); parliamo di una delle battaglie più famose d’Europa, certo relativamente “piccola” e non così cruciale come altre per gli equilibri continentali, ma estremamente rilevante e densa di significato.
Parte da lì, da oltre 600 anni fa, la questione del Kosovo: uno Stato riconosciuto solamente dalla metà dei stati facenti parte delle Nazioni Unite, e nato grazie all’intercessione statunitense (il “51° stato americano”, come lo definisce anche il Guardian, non perde occasione di ricordare il ruolo del padre a stelle e strisce intitolando ai simboli USA statue, strade, scuole, negozi).
Qui c’è la più grossa enclave di cittadini serbi (presenti unicamente in questo distretto nel nord di Kosovska Mitrovica), costantemente vigilati dalle forze di pace internazionali (missione Kosovo Force – KFOR), soprattutto dopo il pogrom anti-serbo del 17 – 19 marzo 2004.
Allora le zone a maggioranza serba vennero messe a ferro a fuoco da migliaia di miliziani albanesi, case e chiese ortodosse furono distrutte, nei paesi più piccoli fu attuata una vera e propria pulizia etnica e numerosi civili serbi furono trucidati.
Attualmente la città è separata sia dal punto di vista etnico che politico, in quanto nella zona nord vivono i serbi ed i non-albanesi, mentre a sud gli albanesi;
Perché è importante sottolineare questa divisione? Perché attualmente la città è separata sia dal punto di vista etnico che politico, in quanto nella zona nord vivono i serbi ed i non-albanesi, mentre a sud gli albanesi; divisione che si è acuita dopo i citati misfatti del 2004, creando de facto due zone, scusateci la mostruosa definizione, “etnicamente pulite”.
La mia prima visita in Kosovo e Metochia fu “parecchi” anni fa, per il giorno di San Vito (Vidovdan) nel 2009, e mi ricordo che presi un autobus vicino al Tempio di San Sava a Belgrado e, dopo ore lungo la strada statale di Ibar, una delle tappe fu appunto Kosovska Mitrovica. Erano passati pochi anni dall’aggressione della NATO, dagli scontri con i terroristi dell’UCK ma ancora meno dal pogrom del 2004 – tentativo finale di ultimare la pulizia etnica dei serbi.
La città era divisa, come lo è anche oggi, ma nell’aria si sentiva molta più tensione – non mi era nemmeno passato nell’anticamera del cervello di traversare quel fiume e quel ponte che divideva le due parti – e come a me a nessun altro. La differenza tra allora e oggi non è tanta – il ponte si può attraversare ma sempre con cautela e avvertendo una dose di pericolo costante. Ogni anni sono a decine i casi di ragazzi serbi aggrediti, accoltellati o, quando va bene, attaccati verbalmente e non va sottovalutata la situazione anche se, quando vivi per anni in una situazione malata come questa, abbassi la guardia un po’ perché ci speri che le cose vadano meglio e un po’ per non impazzire vivendo costantemente nella paura.
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